Aumento prezzo del petrolio, le conseguenze sui mutui
Il prezzo del petrolio può influire sull’andamento dei tassi
dei mutui? idealista/news ne ha parlato con alcuni esperti.
Quale rapporto tra prezzo della benzina e tassi dei mutui?
I tassi dei mutui sono in calo nonostante gli aumenti del
petrolio
Una recente analisi di Facile.it sostiene che, a causa
dell’improvvisa impennata del prezzo del petrolio, i consumatori italiani
potrebbero trovarsi a sperimentare rincari non solo nel prezzo della benzina e
di altri beni e servizi influenzati dal trasporto su gomma, ma anche in settori
distanti come quello dei mutui.
“Qualora il prezzo del petrolio rimanesse alto per molto
tempo, - dice la nota di Facile.it e Mutui.it, - ciò potrebbe determinare un
aumento del costo di produzione e movimentazione delle merci. Considerato che
nel nostro Paese l’85% dei trasporti commerciali avviene ancora su gomma,
l’impatto sul potere d’acquisto e capacità di risparmio delle famiglie sarebbe
notevole. Avere meno risorse da destinare alla rata mensile o all’acquisto di
un immobile sono elementi che ovviamente incidono negativamente sulla domanda
di mutui”.
Non solo; ma, sempre secondo il portale, “Sebbene nel breve
periodo siano da escludere eventuali cambiamenti, se a seguito del caro
petrolio si verificasse un aumento dell’inflazione ritenuto positivo dalla BCE,
ciò potrebbe spingere l’Istituto ad alleggerire le politiche adottate negli
ultimi anni e far salire più rapidamente i tassi di interesse, che influenzano
inevitabilmente IRS ed Euribor e quindi anche gli indici applicati ai mutui
concessi alle famiglie per l’acquisto della casa”.
Riflettendo su quanto sopra, si possono fare alcune
considerazioni. La prima: appare improbabile che il prezzo del petrolio possa
avere riverberi sui tassi di interesse Bce e su quelli dei mutui, e questo per
varie ragioni.
Innanzitutto, la recente impennata del prezzo del petrolio è
stata una “fiammata” momentanea, dovuta all’attacco ai danni degli impianti
petroliferi sauditi, non una situazione stabile creatasi in maniera
strutturale. Tanto è vero che il prezzo del petrolio è già tornato quasi sui
livelli pre-attacco, ripiegando dai quasi 70 dollari al barile del Brent a poco
più di 64 (prima dell’attacco si era intorno a quota 60) e dai quasi 64 dollari
al barile del Wti a poco più di 58 (contro i 55 pre-attacco).
Inoltre, guardando i grafici dei prezzi del petrolio a un
anno sia del Wti che del Brent si nota che nei dodici mesi trascorsi i livelli
dell’oro nero si sono collocati anche più in alto dei prezzi post-attacco ai
sauditi. Il Wti per esempio viaggiava oltre quota 75 dollari al barile, e oltre
i 65 intorno a maggio, mentre il Brent superava di molto gli 80 un anno fa e
sfiorava i 75 tre mesi fa circa. Ciononostante questo non ha impedito nei mesi
passati ai tassi di interesse, e a quelli dei mutui in particolare, di
mantenersi straordinariamente bassi e in continua discesa.
“Sicuramente una correlazione tra il prezzo del petrolio e
l'inflazione esiste ed è sempre esistita, - commenta Riccardo Bernardi, Chief
Development Officer 24MAX. - E' dal 2015 che il prezzo del petrolio oscilla tra
minimi intorno ai 40 e massimi intorno ai 70 dollari al barile (il massimo
storico ha toccato i 150 dollari al barile). Malgrado questi andamenti i tassi
sono scesi costantemente e siamo ai minimi di sempre e la tendenza non sembra
essere quella di una risalita a breve”.
“Ora resta da capire – aggiunge Bernardi, - quanto questa fiammata,
già parzialmente riassorbita, sia un trend che durerà o una momentanea
speculazione che spesso accade sui mercati finanziari. Attualmente tenderemmo
ad escludere una correlazione con i tassi di interesse dei mutui anche se
monitorare i mercati e cercare di anticipare eventuali tendenze resta sempre
tra le nostre priorità”.
Aumento del petrolio e politiche Bce
La seconda considerazione da fare è che, quand’anche il
prezzo del petrolio avesse davvero un peso nelle decisioni BCE di modificare i
tassi di interesse, i loro riverberi su Irs ed Euribor impiegherebbero diverso
tempo ad invertire una tendenza che per ora è stabilmente al ribasso e
saldamente in territorio negativo. Una inversione del trend dell’Euribor a tre
mesi, ad esempio, è prevista solo per il 2021: al massimo si potrebbe
verificare un anticipo di tale inversione di qualche mese, e comunque il
ritorno dell’Euribor in territorio positivo – con conseguente rilevante peso
sui prezzi dei mutui – impiegherebbe molto tempo a verificarsi.
di floriana liuni
fonte: Idealista